Un uomo barbuto giace semidisteso, poggiando il braccio sinistro su di un’anfora, sulla quale corre il panneggio della veste che lascia scoperto il busto. Il torso, realizzato in basanite, risulta essere l’unica parte antica dell’opera. Regge con la mano destra delle spighe di grano che alludono alla mietitura; ulteriori spighe sono presenti sulla corona che cinge il capo, mentre un puttino siede sulle sue gambe. Tali motivi iconografici identificano l’opera come personificazione del Nilo, fiume benefico che dona terreno fertile per i raccolti ed è simbolo di abbondanza. Incavi ovali sul ventre della divinità alludono alla presenza di ulteriori putti, che confermano l’identificazione dell’opera come Nilo, in quanto nell’iconografia tradizionale la divinità fluviale veniva solitamente raffigurata con sedici puttini che simboleggiano i sedici cubiti di crescita delle acque durante la stagione delle inondazioni. Modello per le repliche della divinità fluviale è il prototipo realizzato ad Alessandria nel II sec. a.C. che riscosse notevole successo in età imperiale.
Inventario: MT 434
Materiale: basanite per il corpo; marmo nero antico per la testa; bardiglio per le integrazioni moderne
Tecnica: opera scolpita attraverso l’uso di: subbie, scalpelli, gradine, raspe
Datazione: età imperiale
Provenienza: Già nella collezione Cesarini; entro il 1822 a Palazzo Torlonia in piazza Venezia; entro il 1876 portato al Museo della Lungara
Un uomo barbuto giace semidisteso, poggiando il braccio sinistro su di un’anfora, sulla quale corre il panneggio della veste che lascia scoperto il busto. Il torso, realizzato in basanite, risulta essere l’unica parte antica dell’opera. Regge con la mano destra delle spighe di grano che alludono alla mietitura; ulteriori spighe sono presenti sulla corona che cinge il capo, mentre un puttino siede sulle sue gambe. Tali motivi iconografici identificano l’opera come personificazione del Nilo, fiume benefico che dona terreno fertile per i raccolti ed è simbolo di abbondanza. Incavi ovali sul ventre della divinità alludono alla presenza di ulteriori putti, che confermano l’identificazione dell’opera come Nilo, in quanto nell’iconografia tradizionale la divinità fluviale veniva solitamente raffigurata con sedici puttini che simboleggiano i sedici cubiti di crescita delle acque durante la stagione delle inondazioni. Modello per le repliche della divinità fluviale è il prototipo realizzato ad Alessandria nel II sec. a.C. che riscosse notevole successo in età imperiale.
Inventario: MT 434
Materiale: basanite per il corpo; marmo nero antico per la testa; bardiglio per le integrazioni moderne
Tecnica: opera scolpita attraverso l’uso di: subbie, scalpelli, gradine, raspe
Datazione: età imperiale
Provenienza: Già nella collezione Cesarini; entro il 1822 a Palazzo Torlonia in piazza Venezia; entro il 1876 portato al Museo della Lungara